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3 chiavi di lettura dello smart working

MAGAZINE N.22 3 chiavi di lettura per un modello di lavoro che cambia.

Editoriale a cura di:

Daniele Monti
Business transformation and Innovation expert

 

L’avvento della pandemia ha scosso il mondo in tutte le sue declinazioni innescando un processo di rivisitazione non solo delle nostre abitudini ma, soprattutto, del nostro approccio nei confronti del lavoro “forzando” la mano verso una modalità di tipo smart alla quale non eravamo davvero preparati.
Tutti abbiamo percepito che si è inceppato qualcosa nel meccanismo dell’organizzazione del lavoro e, come spesso accade nei momenti in cui si verifica un cambio di paradigma, c’è l’opportunità di ripensare in profondità il nostro modo di intendere il lavoro.

Anche se molte riflessioni interessanti sono rimaste prigioniere di un dibattito che ha assunto a volte i toni del tifo calcistico, bisogna continuare ad andare alla ricerca di un equilibrio nuovo, diverso da azienda ad azienda, composto da fattori diversi ed eterogenei, perché questa è la sfida della complessità.

Già da tempo alcuni esperti di management e organizzazione sottolineavano l’inadeguatezza di molte pratiche organizzative e gestionali, solo per citarne uno dei più noti, Gary Hamel nel suo libro “Humanocracy” evidenzia come gli individui che compongono un’organizzazione siano spesso molto più resilienti, creativi e motivati dell’organizzazione stessa e individua la causa di questa rigidità e scarsa capacità di mettere a frutto i talenti delle persone nella mentalità burocratica con cui sono gestite la maggior parte delle organizzazioni.

Cosa non va nel lavoro
Da dove partire allora per questo cambio di paradigma?

Per risolvere con una battuta un tema complesso, si tratta di ripensare il modello “Charlie Chaplin” (nella famosa scena della catena di montaggio in Tempi Moderni) cioè l’idea che sia “più efficiente” oppure “a valore aggiunto” il fatto di scomporre le attività e i processi di lavoro in attività minime, ciascuna affidato ad una persona che fa solo quello, mentre una grande attenzione è messa nella pianificazione, nei controlli e nei controllori che devono assicurarsi che la pianificazione e le regole vengano osservate scrupolosamente.

Il problema? Continuare a replicare un approccio nato nelle fabbriche di fine Ottocento che poteva aver senso in quel contesto storico ma che nel mondo del lavoro attuale fatto di processi integrati, professionalità elevate e attività intellettuali, semplicemente non riesce a funzionare e a generare valore.

Paradossalmente, l’introduzione di una elevata specializzazione e frammentazione in un processo che deve invece essere integrato, non genera efficienza ma ottiene il risultato opposto. Dopo aver atomizzato la responsabilità dei singoli all’interno del processo, ci costringe infatti a spendere molto tempo per ricucire la catena del valore e coordinare tra di loro le diverse persone e attività, tutto tempo sottratto alle attività di vero valore aggiunto per i clienti.

Un personalissimo benchmark, basato su progetti e osservazioni presso i clienti negli ultimi anni, dice (senza voler pretendere di avere validità generale o rigore scientifico) che il tempo dedicato al coordinamento, formale e informale, vale almeno un 20-30% delle ore che passiamo al lavoro. Non stiamo parlando di incontri di sviluppo e confronto creativo di idee o di aspetti di socialità e relazione, stiamo conteggiando solo il tempo dedicato al coordinamento operativo tra persone e attività, alla gestione dei conflitti di priorità tra uffici, agli imprevisti non definiti dalle regole e procedure esistenti e così via.

La pandemia e il lavoro da remoto (che non è smart working, lo abbiamo già detto) ha semplicemente portato alla luce questa inefficienza. Momenti che prima erano informali e immediati: la domanda fatta al vicino di scrivania, la conversazione tra il capo e un’altra collega ascoltata nell’open space, la domanda al volo sul progetto fatta nel corridoio o al caffè, erano cose a cui nemmeno facevamo caso ma servivano a ciascuno per ricreare il contesto del proprio lavoro che l’organizzazione frammentata dei processi aveva fatto perdere. La distanza fisica ha cancellato questo contesto e lo ha sostituito con ulteriori call, chat, messaggi per “allinearsi”, “coordinarsi”, “fare il punto”. Improvvisamente quel tempo nascosto ci è apparso in tutta la sua rilevanza.

Due domande per esplorare
Da dove ripartire allora per affrontare questo problema?
Serve riscoprire il ruolo delle domande a volte scomode, che mettono a nudo i problemi veri e che, se accolte senza paura, forniscono spunti preziosi.

Principalmente due:

  • Perché?
  • Cosa stiamo dando per scontato?

Domandare perché (molte volte, come i bambini) serve a risalire la catena delle cause durante l’analisi di un problema. Aiuta ad andare oltre le prime impressioni e le spiegazioni frettolose o incomplete che diamo a ciò che osserviamo. Permette di capire se ci può essere una lettura alternativa dei fatti, un modo diverso di legare cause ed effetti, una spiegazione diversa al comportamento delle persone.

Chiedere cosa stiamo dando per scontato serve invece a scoprire gli angoli ciechi nella costruzione delle soluzioni. Un nuovo prodotto o un piano di progetto, così come la risposta ad un problema operativo che abbiamo avuto, sono sempre delle speculazioni basate su ipotesi, molto spesso dei veri e propri atti di fede di cui non siamo pienamente consapevoli. Creare delle soluzioni a queste domande senza aver verificato a fondo, possibilmente con fatti, sul campo, espone a rischi di cui non siamo sempre consapevoli e quindi a sorprese spiacevoli.

Soluzioni sartoriali
Lo spazio della consulenza e delle teorie di management è affollatissimo di strumenti o metodi proposti come rapidi, infallibili e soprattutto economici.

L’attrazione di queste proposte è molto forte: di fronte alla complessità dei problemi, pensare di poter applicare un set di regole, un approccio in tre, cinque, dieci step predefiniti, una metodologia, o un insieme di strumenti pronti all’uso, sembra semplificare il compito di portare avanti i cambiamenti. Se le cose non vanno secondo i piani, sarà semplicemente colpa del metodo, dello strumento, del consulente o delle persone che fanno resistenza al cambiamento.

Per quanto possa apparire desiderabile, questa prospettiva ha però un limite: non aiuta a risolvere i problemi ma li sposta da una parte all’altra. Serve un lavoro sartoriale che permetta di sfruttare a pieno il valore economico dei benefici che se ne possono trarre.

Tre chiavi di lettura per ripensare il lavoro
Pur non essendoci un percorso predefinito ci sono tre elementi imprescindibili per chi vuole riscrivere il modo di lavorare in azienda, in presenza, da remoto o in un contesto di smart working vero, dove le persone alternano lavoro individuale e di team, in location e tempi diversificati:

  • Persone
  • Organizzazione
  • Processi

Persone, dove la parola chiave è: fiducia. Sempre Gary Hamel ci ricorda che la caratteristica essenziale di un’impresa burocratica è quella di massimizzare il controllo sugli individui alla ricerca dell’efficienza dell’organizzazione mentre il contesto sempre più volatile ed accelerato di oggi richiede piuttosto agilità che però è difficile da ottenere se non si libera l’intelligenza collettiva delle persone che nelle organizzazioni lavorano ogni giorno. Il primo passo di questo percorso è quello di restituire fiducia e quindi autonomia operativa e decisionale a tutti i livelli dell’azienda, ovviamente definendo e condividendo con tutti, in maniera molto più estesa e chiara di oggi, quali siano gli obiettivi comuni e il contributo concreto che il lavoro di ciascuno fornisce al raggiungimento di questi obiettivi.

Organizzazione. Qui la parola chiave è: polifunzionalità. Una strada possibile per combattere la frammentazione e ridurre quindi tutte le attività di coordinamento e gli intoppi che queste generano nel lavoro da remoto è quella di ripensare la struttura dei team operativi creando delle strutture polifunzionali, composte da persone non più divise in funzioni e uffici sulla base delle loro competenze ma unite dall’avere responsabilità su un canale, un prodotto, un processo, un cliente o gruppo di clienti. Questo favorisce il lavoro sia in presenza che da remoto perché tutte le competenze e l’autorità necessaria per gestire in autonomia il proprio obiettivo sono presenti all’interno di un team più ristretto e quindi si limitano il numero di attori da coinvolgere per prendere decisioni e gestire l’operatività.

Processi, le cui parole chiave sono: omogeneità e automazione. Un processo diventa omogeneo quando le regole per la sua gestione sono conosciuti a tutti quelli che operano al suo interno e le eccezioni o i casi particolari vengono integrati man mano all’interno del processo in una logica di miglioramento continuo. . Le metriche di buon funzionamento del processo sono inoltre chiare e a disposizione di tutti, aiutando ogni persona a capire come il suo lavoro sta contribuendo al risultato complessivo del processo e in ultima istanza alla creazione di valore per il cliente. 
Automazione invece vuol dire sollevare le persone dal compito di gestire le transizioni tra una fase e l’altra del processo sostituendole con un sistema automatico di regole e snodi dove la tecnologia “dirige il traffico” delle singole pratiche secondo regole chiare ancorché flessibili, in modo da presentare le attività da svolgere a ciascuno in maniera ordinata, focalizzando la loro attenzione sulle attività di creazione di valore, sul contatto con i clienti e alle valutazioni nel merito delle richieste o delle cose da gestire.

Nel momento in cui la gestione del “flusso” del lavoro non ricade più sulle persone si riducono i tempi morti spesi per cercare di gestire gli imprevisti o aspettare decisioni e risposte da altre persone o funzioni. Questo libera tempo da dedicare agli scambi veri di valore, fatti da remoto e in presenza: condividere esperienze, stabilire obiettivi, immaginare l’evoluzione e il miglioramento del lavoro e del team.

In una parola, il lavoro di tutti inizia ad essere realmente più “smart”.

Daniele Monti

Editoriale a cura di:

Daniele Monti
Business transformation and Innovation expert

 


 

Openwork e Treccani in un evento dedicato alla Digital Health. Appuntamento il 19 Marzo ore 18:00

Evento Openwork Treccani Digital Health

La Openwork è lieta di annunciare la partecipazione all’evento promosso dalla Treccani Agenzia Puglia e Basilicata – intitolato “Digital Health la nuova frontiera della medicina: significati e applicazioni”.

Grazie all’impegno profuso negli anni in tema di sanità digitale, nonchè ai prestigiosi riconoscimenti ottenuti attraverso la piattaforma Jamio, la Openwork è stata scelta dalla Treccani per offrire il proprio contributo in un incontro dedicato alla Digital Health.

Il progresso scientifico e tecnologico, infatti, delinea i propri scenari attraverso queste due nuove parole il cui significato è spiegato all’interno dell’enciclopedia Treccani.
L’evento, quindi, oltre che porre l’accento sul significato di Digital Health, mira a comprendere la sua applicazione sul campo e i benefici attesi; saranno analizzati, in particolare, alcuni casi concreti di utilizzo al fine di comprenderne approcci, potenzialità e prospettive all’interno della nostra società.

All’evento si confronteranno tre professionisti del settore:

Prof. Eugenio Santoro
Resp. Laboratorio di Informatica Medica
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS
Curatore della definizione di Digital Health nell’Appendice X dell’Enciclopedia Italiana Treccani

Dr. Piero Cosoli
Health Business Line Manager di Openwork srl

Dott. Maurizio Leone
Direttore UOC Neurologia dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza

L’evento si terrà online Venerdi 19 Marzo ore 18:00 (disponibilità limitata)
Di seguito il link di registrazione: https://forms.gle/gQbhXAhX8UD1pW8c8


 

jBIZ e jTECH, le novità del magazine!

 Il magazine di Openwork si arricchisce di nuovi contenuti.
Attraverso soluzioni e casi concreti di utilizzo scopriremo come snellire la complessità dei processi con le funzionalità offerte da Jamio, la piattaforma cloud di Business Process Management.

jBIZ | La Business Digitalization secondo Jamio
La gestione dei processi autorizzativi

jBIZ - Processi autorizzativi Jamio

Nel complesso scenario dei processi aziendali, quelli di natura autorizzativa sono tra i più numerosi, trasversali ed articolati.
Ogni organizzazione gestisce migliaia di documenti all’anno, articolate procedure di approvazione, basate su regole aziendali, attività di revisione, rimbalzi, molto spesso in modo destrutturato e disordinato.

Tali processi possono coinvolgere anche l’intera struttura organizzativa elevandone la complessità di gestione e delle problematiche. Tipicamente definiti come long running, i processi autorizzativi, una volta avviati, possono rimanere fermi per molto tempo, finché qualcuno, individuato sulla base di regole scritte e non, non si attivi a “prendere una decisione”. Tali processi anche se molto diversi, presentano elementi comuni e possono essere gestiti con applicazioni di Human task management supportate da Piattaforme di Business Process Management.

Continua la lettura…


 

jTECH | Lo sviluppo applicativo attraverso Jamio
Generazione e conversione di un file in PDF a partire da una risorsa Jamio

jTECH report PDF

Impariamo a generare un report PDF attraverso l’utilizzo di un Jamioware di esempio denominato NotaSpese .
Il Jamioware consente la compilazione di una nota spese da parte di un richiedente (deonominato nel Jamioware Collaboratore) e la generazione automatica di un report che viene allegato alla richiesta stessa contenente un grafico sull’andamento delle spese, la foto del richiedente e una tabella con il dettaglio delle spese.


A tal scopo, nel Jamioware sono definiti:

– un tipo dati Richiesta notaspese;
– un tipo Identità Collaboratore;
– un processo denominato ElborazioneNotaSpese, per la gestione del ciclo approvativo;
– un processo denominato ApplicaTimbroReport, per la generazione del report in fortmato word e successiva conversione PDF con applicazione del timbro;
– un processo denominato GeneraReport, per la sola generazione del report in formato word;

 


UN MINUTO PER SPIEGARTI COME PUÒ CAMBIARE IL TUO LAVORO CON JAMIO

In un mercato in continua evoluzione è necessario che le tecnologie seguano le tue esigenze.
Ecco il video di Jamio.

 

 

 

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