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MAGAZINE N.17 – Smart Working: tra crisi e opportunità di crescita

Una crisi ci costringe a tornare alle domande; esige da noi risposte nuove o vecchie, purché scaturite da un esame diretto; e si trasforma in una catastrofe solo quando noi cerchiamo di farvi fronte con giudizi preconcetti di qualsiasi tipo, ossia pregiudizi.
“Tra passato e futuro” di Hannah Arendt

Smart working: la possibilità di essere davvero Smart

Partendo da una definizione naif di smart working come modalità di lavoro senza vincoli di orario o luogo di lavoro, con l’ausilio sia di strumenti tecnologici possiamo affermare senza problemi che il lavoro smart lo si fa da una vita anche al di fuori della nostra organizzazione.

Grazie all’ausilio di svariati device tecnologici, quotidianamente organizziamo incontri in luoghi virtuali, web based, o tramite e-mail e telefono, con potenziali lead, clienti e fornitori; coordiniamo progetti all’interno di una rete di partner, senza spostarci di un metro; gestiamo obiettivi più o meno complessi, indipendentemente dagli orari di lavoro.

Allora, se questa modalità agile di lavorare è possibile tra diverse realtà organizzative, con procedure e modi di lavorare tra loro non allineati … perché non dovrebbe esserlo all’interno di una stessa organizzazione?

Consideriamo l’approccio sistemico alle organizzazioni che definisce una organizzazione non come la partita iva che racchiude al suo interno rapporti economico giuridici con i collaboratori, ma:

  • come una realtà aperta capace di adattarsi ai mutamenti dell’ambiente, che si caratterizza per una elevata dinamicità di rapporti verso l’esterno ma anche al suo interno, a livello di sottosistemi di diversa natura e grado di complessità (Von Bertalanffy)

Da questa prospettiva, il luogo fisico di lavoro non ha ragione di esistere, visto che si è costantemente distanti e già all’esterno di molte delle relazioni organizzative. Superati i pregiudizi legati al controllo e al timing delle prestazioni, si può quindi guardare all’aspetto vero dello smart working: il lavoro per obiettivi.
Un approccio che può essere in molti casi perfettamente incrociato con il classico lavoro in sede, creando un modello ibrido e flessibile (e per questo ancora più Smart) che ne  esalta i vantaggi di un modello e dell’altro.

L’innovazione: una leva per la crescita

L’attuale situazione pandemica mondiale ha improvvisamente costretto all’isolamento e alla prudenza milioni di persone, in Cina prima, in Italia poi e man mano nel resto del mondo. La necessità di ridurre il contagio ha reso immediatamente operativa su vasta scala l’adozione dello smart working per conciliare la responsabilità sociale e la necessità di portare avanti le attività organizzative.

Riccarda Zezza, Ceo di Life Based Value, scrive sulla rubrica Alley Oop del Sole 24 Ore che “non siamo in smart working, ma in un raro (speriamo) caso di Extreme smart working”, lavorando in casa in una situazione di stress e sovrapposizione di necessità ed attività, costretti tutti in uno stesso spazio vitale 24/7. Una fase di test questa che va ben oltre quello che sarebbe adottare il lavoro agile in tempi “di pace”. Se funziona ora, tanto meglio poi. Probabilmente aziende già abituate allo Smart Working prima della situazione d’emergenza, trarranno ora un notevole vantaggio organizzativo e competitivo, rispetto a realtà meno avvezze a queste pratiche; certamente, aziende che stavano ipotizzando l’adozione di una tale metodologia hanno avuto una spinta in più a farlo, mentre quelle aziende da sempre scettiche sull’argomento avranno dovuto andare oltre il pregiudizio pur di continuare la propria attività.

È il momento quindi di trasformare un momento di crisi in un’opportunità, cercando di porre attenzione a quelli che l’Osservatorio per lo Smart Working del Politecnico di Milano definisce i quattro pilastri fondamentali dello Smart Working: revisione della cultura organizzativa, flessibilità rispetto a orari e luoghi di lavoro, dotazione tecnologica e spazi fisici.

Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano spiega che “lo smart working è un modello di organizzazione del lavoro che si basa sulla maggiore autonomia del lavoratore che, sfruttando appieno le opportunità della tecnologia, ridefinisce orari, luoghi e in parte strumenti della propria professione. È un concetto articolato, che si basa su un pensiero critico che restituisce al lavoratore l’autonomia in cambio di una responsabilizzazione sui risultati”.

In questo senso, lo smart working è stato inserito nel Jobs Act come misura di miglioramento dell’efficienza delle aziende. Secondo le più recenti rilevazioni dell’Osservatorio Smart Working si stima che l’adozione di un modello “maturo” di Smart Working può produrre un incremento di produttività pari a circa il 15% per lavoratore. La proiezione sul sistema Paese sarebbe di un incremento della produttività media del lavoro sui 13,7 miliardi di euro.

Ovvie considerazioni derivano poi su altri aspetti positivi a livello organizzativo come la riduzione dell’assenteismo, l’azzeramento di ore di straordinario, di buoni pasto o buoni benzina, la riduzione dei costi per gli spazi fisici, la riduzione per le spese per hardware aziendali, grazie all’adozione dell’approccio BYOD (bring your own device), che porta con sé un ulteriore vantaggio: generalmente i device e le tecnologie posseduti dai singoli sono generalmente più avanzati e di ultima generazione di quelli messi a disposizione dalle organizzazioni aziendali.

Non entriamo in questo momento nello specifico delle ripercussioni a livello globale, come la riduzione di emissioni di agenti inquinanti, o a livello personale, come un miglior work-life balance.

Smart Working: la trasformazione in atto

Le possibilità di applicare lo smart working variano in base ad alcuni fattori come il settore merceologico (beni vs servizi), il tipo di organizzazione (pubblico vs privato), la grandezza dell’azienda, ma anche in base ai ruoli degli smart workers.

Sempre Corso sottolinea che circa il 60% delle aziende medio-grandi nel nostro Paese ha introdotto iniziative di smart working, ne derivano benefici concreti alle aziende e alle persone.

Inferiore la percentuale, circa il 40%, delle PMI (tra 10 e 250 addetti) che ha introdotto o pensa di introdurre iniziative di smart working (di queste solo l’8% ha iniziative già strutturate). Questo, secondo Corso, è dovuto in parte alla cultura organizzativa: lo smart working presuppone un nuovo stile di leadership con manager in grado di programmare le attività, controllare i risultati e dare feedback e soprattutto slegati dal concetto di presenza fisica.

 

La tecnologia come driver per lo Smart Working

La tecnologia e la digitalizzazione compaiono spesso come fattori determinanti per favorire un progetto di Smart Working. L’innovazione digitale diventa quindi strumento per l’integrazione tra differenti aree e funzioni e per sviluppare collaborazione tra le persone, in particolare, e tra organizzazioni, in generale. Quando si parla di Digital Transformation nei luoghi di lavoro si pensa anche all’applicazione di tecnologie avanzate per connettere persone, spazi, oggetti ai processi di business, con l’obiettivo di aumentare la produttività, innovare, coinvolgere persone e gruppi di lavoro.

Possiamo considerare i lavoratori di oggi come nativi smart workers, con un livello di preparazione e disponibilità all’innovazione un tempo inimmaginabili, grazie alla diffusione di strumenti tecnologici individuali estremamente avanzati e quotidianamente utilizzati (smartphone, tablet, laptop).

Questo, insieme all’aumento del profitto organizzativo ottenibile, dovrebbe portare anche la più conservatrice delle imprese a propendere per una adozione, anche parziale, di questo modello.

Secondo quanto rilevato dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano le soluzioni a maggiore penetrazione sono quelle a supporto della sicurezza e dell’accessibilità dei dati da remoto e da diversi device (95%), seguite dalle iniziative di Mobility, che prevedono la presenza di device mobili e mobile business app (82%) e dai servizi di Social Collaboration (61%). Il digitale consente di ampliare e rendere virtuale lo spazio di lavoro, creando un digital workplace in cui comunicazione, collaborazione e socializzazione son indipendenti da orari e luoghi di lavoro ed in cui i processi sono gestiti e monitorabili. Esterno ed interno all’azienda diventa un concetto irrilevante ai fini del raggiungimento degli obiettivi organizzativi.

Le tecnologie di Smart working devono garantire:

  • Collaborazione: integrazione e supporto di flussi di comunicazione, creando nuove opportunità di relazione, collaborazione e condivisione della conoscenza, limitando i trasferimenti per incontri in cui non sia fondamentale la presenza fisica.
  • Sicurezza: accesso in modo flessibile, semplice e immediato, indipendentemente dal device adottato, a un ambiente profilato che contiene applicativi, dati e informazioni in totale sicurezza e preservando l’integrità dei dati (accesso tramite Virtual Private Network e soluzioni basate sul Cloud)
  • Mobilità: accesso ai servizi e strumenti professionali in qualunque momento e da qualunque luogo sia all’esterno della sede di lavoro sia all’interno (v. policy BYOD).
  • Workspace Technology: utilizzo più efficace e flessibile degli ambienti fisici agevolando non solo la fruibilità degli spazi stessi, ma anche supportando il lavoro in mobilità delle persone e migliorando la qualità della vita all’interno delle sedi dell’azienda (es.  Wi-Fi e sistemi di Print Area centralizzate)

BPM e Cloud: trasformare criticità in opportunità

Abbiamo visto come impiegare “in tempi di pace” tecnologie e metodi di lavoro innovativi e funzionali alla collaborazione in un sistema organizzativo possa essere un vantaggio che aiuti ad innescare un piano di smart working nel momento del bisogno.

La tecnologia in grado di garantire nel contempo innovazione e costante aggiornamento, mobilità, accesso in sicurezza e creazione di un luogo di lavoro virtuale che vada al di là dello spazio fisico degli uffici è certamente il Cloud. L’adozione di una tecnologia in cloud risponde ad alcuni dei timori delle aziende, come la difficoltà di comunicazione e gestione delle attività da remoto, la sicurezza dei dati, la necessità di aggiornare costantemente la tecnologia.

Nel TCO (Total cost of ownership) di una tecnologia in cloud, e quindi nelle sue caratteristiche di fondo, gli aggiornamenti non sono un problema del cliente ma un must di chi eroga il servizio, che si preoccupa anche di aggiornare senza influire sul lavoro di quanti hanno adottato la sua tecnologia. Per la connessione da remoto basta una semplice connessione ad internet, senza dover attivare antiquate VPN, visto che l’aspetto Sicurezza è completamente gestito ed è un aspetto core per chi eroga il servizio.

Ma cosa portare in cloud? Come permettere la collaborazione interna all’azienda, ma anche con i propri fornitori o clienti o partner. La migliore strategia è certamente il Business Process Management che consente la formalizzazione e digitalizzazione dei processi organizzativi. Il vantaggio della digitalizzazione sta nella possibilità di raggiungere il proprio lavoro stando comodamente seduto sul divano di casa, svolgere interazioni complesse tracciando tutto il fil rouge delle attività, autorizzare attività, gestire progetti complessi a più mani, pur essendo estremamente distanti gli uni dagli altri. Rivedere i processi per portarli in digitale permette anche di snellire quelli obsoleti e di ottimizzarli, ottenendo quindi un ulteriore profitto che possiamo sommare a quel 15%  di profitto derivante dallo svolgimento del mero smart working.

Qualsiasi tipo di azienda può adottare una tecnologia di BPM in cloud.

Per le grandi aziende, già pronte al discorso BPM, ma spaventate dalla gestione della sicurezza del cloud, risolve questa criticità ricorrere ad una azienda con le dovute certificazioni in tema di sicurezza (ISO 9001 e ISO 27001) e che eroghi i propri servizi tramite la IaaS di uno dei grandi player del settore (AWS, Microsoft Azure, Google Cloud, Aruba).

Per le PMI, preoccupate maggiormente per le difficoltà di collaborazione, di gestione attività, più presenzialiste per cultura, un approccio BPM oriented soddisfa, tramite la possibilità di monitoraggio delle attività svolte, la definizione di tempi di attraversamento dei processi, la visualizzazione dello stato delle attività, la gestione del lavoro da remoto e molto altro.

Jamio openwork, come tecnologia di BPM su Cloud Microsoft Azure, garantisce ai propri clienti la gestione delle tematiche legate a sicurezza, collaborazione e mobilità, abbattendo le mura della organizzazione e permettendo lo sviluppo di una organizzazione smart del lavoro.

Inoltre, l’approccio zero-code permette, anche in situazioni di emergenza, di modellare rapidamente ed in autonomia nuovi processi e di includere nuovi workers nella collaborazione a distanza.

Editoriale a cura di:
Rita Genchi – Sales & Marketing Specialist Openwork

 


 

Jamio è sempre più connesso: semplificate le possibilità di integrazione nella nuova Release di Jamio

Pubblicata la nuova versione di Jamio openwork: MARIMBA 4.5 R5. Molte le importanti novità per i progettisti Jamio, in particolare tese ad ampliare e semplificare le possibilità di integrazione con sistemi di terze parti.

Ecco di seguito le principali novità introdotte:

  • Migliorati gli strumenti di integrazione per progettisti Jamio e System Integrator. Rinnovato il Gateway REST Open API al fine di facilitare la creazione e l’utilizzo di client che interagiscono con i servizi Jamio openwork.
  • Ora disponibile la Admin Console di Jamio openwork nella sua versione Beta. In questa Beta Version è possibile scaricare il descrittore swagger dei modelli installati in un’area.
  • Arricchito il Jamioplug Message, abilitando la posta elettronica ordinaria come canale di  trasmissione per  le funzionalità di invio e ricezione  di informazioni. Sarà così più semplice per il progettista integrare e-mail esterne e gestirne invii multipli e multi-destinario.
  • Introdotte funzionalità utili  ad agevolare la progettazione in Jamio, in particolare:
    – Disponibile  un nuovo connettore per poter creare e gestire i Gruppi di Jamio tramite modelli di processo.
    – Nuovi metodi utili ad ottenere  file .zip di componenti file di documento e di file allegati ad una risorsa.
    – Nuove funzioni OEL tra cui alcune utili alla manipolazione di testi e liste di testi.
  • Bug Fixing


 

Progetto CONTACT: monitorare i pazienti affetti da Sclerosi Multipla a distanza oggi è possibile. Avviata la sperimentazione!

 

Progetto Contact Sanità Digitale

“CONTACT”, Openwork come Partner tecnologico e coordinatore del progetto.
Sta procedendo in questi giorni la sperimentazione di “CONTACT”, acronimo di Cooperation and integration of clinical trial and care pathways, ovvero “Cooperazione ed integrazione di percorsi di sperimentazione clinica e di assistenza”, un importante progetto e-Health finanziato dalla Regione nell’ambito di Innonetwork (programma che promuove la creazione di partnership tecnologiche pubblico-private per lo sviluppo di soluzioni innovative su scala regionale), per la gestione ed il monitoraggio a distanza di pazienti affetti da Sclerosi Multipla.

Si tratta di una piattaforma digitale che consente alla struttura sanitaria di gestire il percorso clinico dei pazienti, nello specifico gestire i processi di cura, condividere informazioni e documentazioni annesse e monitorare i pazienti a distanza durante tutto il percorso diagnostico e terapeutico.

Un progetto rilevante dal punto di vista scientifico, clinico e tecnologico

«Il Partenariato del progetto Contact, costituito da importati società ICT regionali, il Politecnico di Bari e l’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza – ha spiegato Piero Cosoli, Coordinatore del progetto – rappresenta un esempio virtuoso di sistema regionale che collabora per la promozione e l’adozione delle più moderne tecnologie ICT. Il Partenariato stesso si configura come filiera della conoscenza per la realizzazione di soluzioni nel comparto strategico del benessere e salute del cittadino».

IL RUOLO DEI PAZIENTI
Dopo un breve periodo di addestramento e dotati della strumentazione tecnologica necessaria collegata in rete, i pazienti provvederanno direttamente da casa a misurare i propri parametri vitali come ad esempio la saturazione dell’ossigeno del sangue, la pressione arteriosa, la temperatura corporea, la frequenza cardiaca e la qualità del sonno; tutto registrato grazie ad un comune braccialetto smart.
Questi valori vengono poi inviati, tramite un’app installata sul telefonino del paziente, alla piattaforma digitale accessibile a distanza da medici e operatori sanitari coinvolti nel processo di cura.

IL MONITORAGGIO A DISTANZA
A seguito dell’arruolamento, i pazienti, associati a specifici percorsi terapeutici modellati sulla base della terapia farmacologica che seguono, saranno monitorati e assistiti da remoto per tutta la durata della sperimentazione, anche mediante chat o videochiamate con il medico. In questo modo gli operatori dall’Ospedale potranno monitorare il grado di aderenza del paziente alle prescrizioni ed apportare eventuali e opportune modulazioni alla terapia, in base alle esigenze rilevate.

L’APP DEDICATA
Ruolo chiave nella piattaforma è attribuito all’app dedicata che il paziente dovrà installare sul suo smartphone. Essa attinge e trasmette dati da e nella piattaforma, invia le notifiche di promemoria delle attività da svolgere e gestisce il teleconsulto nella fascia oraria pattuita tra paziente e operatore sanitario.

«Attraverso l’orchestrazione dei diversi sistemi, la piattaforma faciliterà l’aderenza e il monitoraggio del percorso di cura dei pazienti con Sclerosi Multipla seguiti dal nostro Centro – ha spiegato Maurizio Leone, primario dell’Unità di Neurologia dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza –. Il paziente, inoltre, rilevando ed inviando dati, valori e misurazioni, diventa parte attiva nella gestione della cura e delle sperimentazioni cliniche. Tramite il costante monitoraggio di alcuni parametri biologici, con il contributo essenziale dei pazienti, potremmo modulare e migliorare il percorso di cura adattandolo alle differenti esigenze di ciascuna persona».

I PARTNER DEL PROGETTO

CONTACT è un progetto al quale hanno contribuito ben 8 partner pugliesi, tra start-up, aziende o enti di ricerca pubblici e privati; L’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo –  struttura sanitaria creata e inaugurata da Padre Pio il 5 maggio 1956 – è il partner clinico che ha dettagliato i requisiti della piattaforma digitale e che ha avviato la sperimentazione mediante il coinvolgimento di pazienti e professionisti sanitari.

Gli altri 7 partner del progetto sono:
•    Openwork s.r.l., Bari, capofila di progetto, azienda di informatica specializzata nello sviluppo di soluzioni di Business Process Management
•    Sincon s.r.l., Taranto, azienda informatica che si dedica allo sviluppo di soluzioni digitali per la pubblica amministrazione e le aziende sanitarie
•    SER & Practices s.r.l., Bari, azienda specializzata in telemedicina e nello sviluppo di soluzioni digitali che prevedono l’uso di apparati IoT
•    Euronet s.r.l., Grottaglie (TA), azienda che si dedica allo sviluppo di soluzioni IoT
•    Informatica e Telecomunicazioni I-tel s.r.l., specializzata nello sviluppo di soluzioni di telemedicina ed, in particolare, applicazioni mobile per l’e-Health
•    Politecnico di Bari, Bari, con unità impegnate in CONTACT nel settore delle metodologie di Adaptive Case Management e nelle analisi di Big Data
•    Golem Plus s.r.l, Bari, Start Up innovativa per la produzione di Software in ambito Sanità e Pubblica Amministrazione


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