“La domanda non è se nei prossimi anni si potrà tornare ad una vecchia normalità. Casomai la questione è se saremo in grado di abituarci ad una nuova normalità”.
Queste le parole di Andreas Backhaus, economista tedesco, specializzato in demografia e storia dell’economia, negli ultimi giorni pluri-intervistato sul tema del “mistero” dei numeri Covid19 in Germania.
La condizione di normalità porta con sè, nell’immaginario comune, concetti come consuetudine, regolarità, libertà d’azione, di movimento, di scelta … possibilità di agire senza dover effettuare una ricognizione e selezione delle contingenze, senza dover valutare la pericolosità di una azione o di una interazione…
Dice bene allora Backhaus… dopo Covid19 un ritorno alla normalità, così intesa fino a dicembre 2019, non sarà possibile …. e forse nemmeno auspicabile. Sarà invece necessario essere in grado di abituarsi alla nuova A-Normalità, ad una condizione di mancata rispondenza a criteri oggettivi di previsione, di giudizio o di classificazione:
- a livello human questo porta ad una sensazione di ansia. L’essere umano ha bisogno di equilibrio e costanza di stimoli; l’incertezza induce instabilità emotiva …
- in ambito business, l’incertezza porta alla instabilità dei mercati finanziari, alla difficoltà di pianificazione a medio e lungo termine, alla impossibilità di perseguire scelte e prendere decisioni
Di New Normal in termini di business ed economia si parla già dal 2007/2008, in riferimento alle condizioni economiche seguite alla crisi finanziaria, e ancor più alla conseguente Recessione mondiale (2008/2012).
Nell’attuale situazione pandemica globale il termine ha assunto una connotazione anche sociale, con riferimento al cambiamento del comportamento individuale nella ripresa della vita quotidiana: niente più abbracci e strette di mano, distanziamento sociale.
Le nuove abitudini sociali imposte per legge hanno generato nuovi comportamenti abilitati dalla digitalizzazione, come risulta da un recente studio di Porsche Consulting, che sottolinea la necessità che le imprese ne prendano atto e le includano nella propria strategia di crescita in Fase2:
- distanziamento sociale, che modifica canali commerciali, formati prodotto e relazione con i clienti
- collaborazione da remoto, che traduce le attività amministrative in smart working, e evolve servizi sofisticati ad alto valore aggiunto
- tracciatura digitaledel proprio stato di salute, che potrebbe abilitare nuovi modelli di business per società farmaceutiche e med-tech
- cambiamento nelle abitudini di trasporto, che accelera il passo verso la mobilità sostenibile, la coesione locale, che favorisce il trend di “ritorno a prodotti autentici”e il supporto al business di vicinato
- maggiore responsabilità sociale,che porta sempre di più le imprese a riflettere sulla loro proposizione di valore
- maggiore fiducia nelle autorità e il rafforzamento del ruolo delle istituzioni, sia a protezione della salute dei cittadini che a sostegno dell’economia, con conseguenti effetti sul finanziamento strategico di alcuni settori
- allentamento della privacy, con conseguente maggiore accettazione della condivisione dei dati personaliuna volta che saranno visibili i relativi risultati positivi.
Le fasi della trasformazione
Josef Nierling, amministratore delegato di Porsche Consulting, aggiunge “Questa crisi ha attivato una serie di nuovi comportamenti, ha rapidamente rafforzato la nostra capacità di collaborare virtualmente, ha accelerato trasformazioni in atto e ha anticipato innovazioni, portando l’immaginato futuro nel presente. Le aziende consolideranno i nuovi modelli di business e i nuovi modi di lavorare appresi in risposta alla fase acuta della crisi. La fase 1 ci ha costretti a cambiare”, la fase 2 “rappresenta un prezioso periodo di ulteriore apprendimento e messa a punto di ciò che ci permetterà di crescere in Fase 3. Oggi dobbiamo essere ambidestri, gestire da un lato la crisi e costruire il futuro con quelle decisioni che abbiamo anticipato nei mesi precedenti e che possono essere la fonte del nostro vantaggio competitivo nel ‘new normal‘”.
Dalle considerazioni fin qui fatte, si rende evidente la necessità di una presa di coscienza che quello che stiamo attraversando non sia una parentesi, un momento, ma una condizione esistente d’ora in avanti. Per quanto possano venire meno le restrizioni imposte per legge, quanto avvenuto in questi due mesi lascia una cicatrice nelle vite delle persone e nella sopravvivenza delle imprese: in una sorta di teoria evoluzionistica delle organizzazioni, chi non si è organizzato per imparare dalla contingenza legata alla pandemia è destinato a soccombere, o lo ha già fatto, lasciando spazio a chi ha appreso nuove competenze, spesso digitali, e magari ha dovuto sperimentare un nuovo ed evoluto modello di business. Le scelte operate nell’emergenza si devono consolidare in strategia d’impresa, consentendo di leggere i cambiamenti, abbiamo visto anche repentini, che il mondo ci presenta e di correggere l’operatività in corsa, per ridistribuire l’attività in base alle fluttuazioni dovute alle contingenze.
Roberto Liscia (presidente di Netcomm e Presidente Federazione del Digitale), analizza l’evoluzione dell’approccio al consumo in questi mesi di enormi cambiamenti, suddividendola in 3 fasi, condizionate dall’istinto di “sopravvivenza” e dal soddisfacimento dei bisogni come posizionati da Maslow, che si possono rielaborare come di seguito:
- FASE 1 – PAURA: nelle prime settimane il consumatore, spinto dalla paura, ha pensato ai soli consumi essenziali (alimenti, farmaci, prodotti necessari per l’igiene personale e della casa)
- FASE 2 – AWARENESS: la situazione cominciava a diventare familiare e quindi sono nuovamente stati possibili acquisti consapevole ma necessari per la sopravvivenza nel medio lungo termine
- FASE 3 – NEW NORMAL: è ricominciato l’acquisto dei prodotti non necessari, dei prodotti di abbigliamento, di moda, di accessori
I cambiamenti sulle abitudini di consumo hanno fortemente influito sulle azioni intraprese delle aziende, che, alcune in maniera proattiva altre in maniera reattiva, hanno dovuto adottare nuovi modelli per potersi adattare alla nuova normalità.
Ecco quindi che le imprese, indipendentemente dalla grandezza, dall’anzianità, dalla strutturazione, durante la pandemia hanno portato avanti a velocità istantanea la digitalizzazione dei propri sistemi e processi, oppure hanno convertito al volo il proprio business, oppure ancora hanno attivato il pensiero laterale, generando “un dinamismo imprenditoriale mai visto prima d’ora”. Così dice Marco Gay, CEO dell’acceleratore hi-tech di Digital Magics, secondo cui le idee di innovazione nel periodo Covid parlano di “progetti molto concreti, risposte vere a bisogni reali”.
Siamo spettatori di grandi evoluzioni: abbiamo visto etica, solidarietà e ambiente diventare valori guida dello sviluppo e nel contempo la tecnologia digitale diventare il motore che muove ogni settore. Abbiamo visto aziende evolvere il proprio sistema di business, cercando al contempo di creare un servizio utile alle persone o di dare un contributo solidale, ottenendone in cambio un incremento (quantitativo e territoriale) della propria brand reputation e/o la nascita di una nuova linea di business.
In un mondo in cui un piccolo essere parassita si garantisce la sopravvivenza decimando vite, bloccando sistemi internazionali, limitando la vita delle persone e arrestando il lavoro delle aziende di qualunque dimensione, la capacità di adattamento al New Normal, che è esso stesso in continuo divenire, permette la sopravvivenza.
Gli strumenti del New Normal
In attesa di un vaccino che ci liberi da questo virus e nell’incertezza che altro possa accadere domani, l’unica possibilità è quella di dotarsi di quegli strumenti che permettano a persone e organizzazioni di continuare le loro vite e la loro attività, svincolate da luoghi fisici e al sicuro delle proprie abitazioni. Fortunatamente in questo siamo agevolati dalla evoluzione delle tecnologie digitali in cloud che consentono di ricreare un “luogo di lavoro virtuale” in cui ritrovare attività, ruoli, persone, task, organizzazione, processi, senza la necessità di spostarsi.
In questo periodo di incertezza, grandi aziende hanno portato in cloud tutta la propria attività, consentendo la prosecuzione senza interruzioni del lavoro dei propri collaboratori; imprese piccole e micro, obbligate a fare ricorso a sistemi di gestione digitale dei processi, stanno valutando la possibilità di “dissolvere” post pandemia la propria sede fisica.
Di tutti i cambiamenti improvvisati forzatamente indotti dall’emergenza, certamente il ricorso alla gestione digitale della propria organizzazione merita di divenire asset strategico d’impresa.
La chiave della trasformazione dell’incertezza dell’emergenza nella capacità di gestione e successo nel new normal è quindi il connubio tra Digital e BPM. Per non farsi cogliere impreparati è necessario individuare sin da ora una tecnologia in cloud, che permetta di gestire a distanza ed in mobilità i processi organizzativi; inoltre è necessario che questo strumento assicuri la massima sicurezza a protezione delle transazioni e delle informazioni, facilmente adattabile alle circostanze e permetta di apportare modifiche in poco tempo e senza necessariamente ricorrere all’intervento di consulenti o system integrator. Questo permetterebbe alle organizzazioni di modificare i propri processi e gestirli digitalmente, nel caso incombessero nuove emergenze come quella in corso.
Editoriale a cura di:
Rita Genchi – Sales & Marketing Specialist Openwork
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